martedì 16 luglio 2013

PARTECIPARE E DECIDERE AUTONOMAMENTE 

A TAVOLA

Ascoltare e comprendere i bisogni dei bambini al momento del pasto.

Se il bambino non mangia tutto ciò che gli si propone, se neanche prova ad assaggiare, forse sta cercando di comunicare qualcosa.
E' possibile che la quantità proposta sia esagerata, può darsi che in quel preciso istante non abbia fame, magari è stufo degli stessi alimenti e sapori, forse è talmente abituato alle insistenze degli adulti che neanche ci fa più caso.
Quante volte capita anche a noi di non aver fame, di prediligere un cibo piuttosto che un altro, di voler mangiare ad un altro orario, di vole decidere in autonomia? e perché tutto ciò non può succedere ad un bambino?
Infatti, se ci si riflette, pensare di sapere quanto una persona deve mangiare più della persona stessa può apparire davvero presuntuoso, sostengono alcuni. Altri ribattono che lasciare troppa autonomia nelle scelte alimentari al bambino può sfociare in un'inappetenza, in un rifiuto delle regole in generale, in patologia.
Beh, senza addentrarci nelle posizioni pseudoscientifiche, basta imparare a comprendere il linguaggio verbale e gestuale del bambino. Con quello egli comunica il suo stato fisico e mentale nei confronti del cibo in quel momento. Comprenderlo, aiuterà a gestire meglio la situazione.
Soprattutto, vanno evitatele forzature. E' controproducente oltre che inutile forzare qualcuno a mangiare, si rischia così di trasformare quella che è un'attività normale in qualcosa che è più simile ad una punizione che ad un'attività piacevole.
Se è vero che il bambino non mangia e deperisce, la cura non è corrergli dietro con la posata piena o cercando distrazioni con giocattoli e canzoncine, ma va affrontato il problema per conoscerne le cause, anche chiedendo aiuto al pediatra.
Una situazione piacevole e rilassante sia per il bambino sia per gli adulti, è di condividere insieme i pasti. Seduti allo stesso tavolo, proporre gli stessi cibi, aspettare che il piccolo allunghi autonomamente la sua manina per assaggiarne alcuni. E' fantastico osservare il suo scrutare, il suo studiare, il suo imitare, il suo assaporare, le sue espressioni di disgusto e/o di piacere.
Il bello della condivisione del cibo e della partecipazione del bambino al pasto, si incarna anche nel non generare sprechi di alimenti, un punto molto importante su cui battere nell'educare un bambino sin da piccolissimo.




martedì 9 luglio 2013

Partecipare con il corpo

In alcune culture, in Italia poco, è considerato normale che le mamme, i papà e i caregivers portino con sé i bambini avvolti in fasce, aderenti ai loro corpi. 
In questo modo, i piccoli possono da subito prendere parte alle attività quotidiane che caratterizzano la vita familiare, possono osservare il mondo intorno mentre si sentono protetti dal corpo materno anche adesso che non si trovano più nell'utero, e non dall'interno di un box o di un seggiolone che non trasmette emozioni rassicuranti. 
In più, il bambino esercita i muscoli del proprio corpo alla ricerca dell'equilibrio, senza che sia adagiato e legato nelle "sdraiette" che non stimolano alla sperimentazione propriocettiva. 
La madre, dal suo canto, trasportando il bimbo in questo modo può recarsi ovunque e avere le mani libere per fare qualsiasi cosa, il tutto mentre offre calore corporeo e amore materno al suo piccolo.

Il bambino trasportato in fascia o in un marsupio vive le esperienze in maniera più tranquilla e serena, piange meno, impara a conoscere le abitudini dei propri genitori, sperimenta il mondo esterno partendo da un abbraccio sicuro e si sente pronto ad esplorare il mondo al momento giusto.
Il contatto continuo rende la mamma pronta e partecipe ai bisogni del proprio bimbo, soprattutto se si tratta di una prima esperienza. Il neonato ha i suoi modi di comunicare e il rapporto empatico che si instaura con i genitori permette loro di comprenderlo senza dover ricorrere a chissà quale consiglio di esperti.
Il contatto fisico, dunque, crea partecipazione per tutti: il bambino inizia a conoscere la vita in famiglia e ne prende parte fin dalla nascita, i genitori partecipano allo sviluppo interno del bambino percependo le sue emozioni e rispondendovi attivamente. 
Tutto ciò esiste da sempre in natura, basta rifletterci.


giovedì 7 marzo 2013

In tema di cambiamenti politici e sociali (almeno spero) non posso fare altro che sottolineare l'importanza dell'ascoltare tutti cittadini. E' importante ascoltare anche le richieste dei bambini e dei soggetti svantaggiati perché loro sono gli indicatori ambientali e sociali che rispecchiano le politiche applicate nel territorio. In ogni  città dovrebbe sorgere i Consigli Comunali dei Bambini e dei Ragazzi per lavorare in sinergia con quello degli adulti che molte volte tali non dimostrano affatto e ignorano le più semplici richieste. 
Voglio condividere uno stralcio della mia tesi in cui spiego cosa sono i Consigli Comunali dei Bambini, e poi riporto alcune frasi scritte e lette da alcuni bimbi di un comune umbro durante un incontro con i consiglieri adulti, cui ho partecipato. Lo scopo è offrire una testimonianza di quanto sia bella ed importante una tale iniziativa, neanche così difficile da realizzare, basta volerlo!

Il Consiglio comunale dei bambini è un’esperienza di educazione civica e permette ai piccoli di svolge una funzione consultiva. Esso si riunisce, in genere, mensilmente in orario extrascolastico, ed è composto da quei bambini che sono stati sorteggiati nelle classi quarte e quinte della Scuola primaria, o che si siano dichiarati disponibili per l’esperienza e successivamente siano stati eletti dai compagni. Il gruppo, che lavora insieme ad un Facilitatore adulto, discute i problemi  della città, denuncia eventuali inadeguatezze o ingiustizie e formula proposte che a volte contengono dei suggerimenti di intervento da proporre agli adulti durante una seduta del Consiglio comunale in cui le due generazioni si confrontano. 
Il Consiglio dei bambini non rappresenta un’imitazione del modello degli adulti, ma si pone specifici obiettivi educativi: educare alla democrazia e alla partecipazione, costruire la consapevolezza di essere cittadini nel rispetto delle opinioni degli altri nonché dei beni pubblici. I piccoli consiglieri, durante le sessioni entrano nel merito di alcune questioni che direttamente li riguardano, ad esempio la messa in sicurezza delle Scuole, la pulizia dei quartieri, le opportunità di svago, la disponibilità di luoghi ricreativi. Inoltre, al di fuori del Consiglio, dialogano con i coetanei e con gli altri cittadini per raccogliere informazioni, fare richieste, fornire o ottenere suggerimenti. L’impegno del Consigliere è infatti quello di portare in seno al Consiglio le riflessioni, le idee, i dubbi, le domande e le proposte, in pratica tutte quelle istanze espresse dai suoi concittadini. Ad ogni membro del Consiglio dei bambini viene garantita un’assunzione di responsabilità che si esplica con lo strumento della votazione in merito alle proposte formulate; la decisione finale viene presa al raggiungimento della maggioranza, che deve essere almeno del 75%. (Roveda, Volontrè, 2011)
Nelle numerose esperienze italiane di Consigli dei bambini, è riscontrabile un comune denominatore rappresentato dal fatto che i bambini si sentono importanti, coinvolti in qualcosa che diventa di loro portata, riconoscendo che viene data loro importanza e offerta la possibilità di esprimere le proprie opinioni. Per contro, può accadere che tra i ragazzi consiglieri e i loro compagni di classe non ci sia un vero dialogo, in tal modo l’esperienza rimane a livello individuale e non si realizza quel concetto di rappresentanza che è l’idea portante del percorso progettuale. Tutto questo può essere causato dalla mancanza di collaborazione e di sinergia tra la Scuola e i promotori dell’iniziativa; è necessaria quindi l’informazione sul significato dell’esperienza prima e la formazione degli insegnati poi. Infine, può accadere che in alcune situazioni non venga dato spazio alle proposte dei bambini, demotivando così la loro partecipazione in quanto non vedono gli effetti dei loro contributi. Questo è il rischio che si corre se si pensa che i bambini possano partecipare a tutte le questioni che li riguardano sia all’interno che al di fuori della Scuola. In realtà, un approccio serio alla partecipazione deve partire da un’analisi adulta delle reali possibilità di coinvolgimento del bambino, avendo quindi cura di selezionare quelle proposte che si è certi di poter attuare e mandare avanti nel tempo. (Rossi, 2005)

È bello osservare come i bambini siano capaci di mettere in difficoltà i grandi con la loro essenzialità di linguaggio, meravigliandosi per l’incapacità degli adulti di agire, di pensare alle piccole cose, di risolvere i problemi tramite azioni semplici.
Riguardo l'argomento della raccolta differenziata dei rifiuti in opposizione all'inquinamento, queste sono state le soluzioni proposte dai bambini ai problemi dei grandi, sotto forma di slogan:


  • “La differenziata è importante farla anche se il secchio non lo abbiamo vicino, lo andiamo a cercare;
  •  sul contenitore dell’immondizia c’è scritto quello che ci va buttato, quindi se uno ha un dubbio può capire se sta facendo bene; 
  • noi dobbiamo parlare ai compagni che devono fare la raccolta differenziata, dire a tutti di differenziare, ma soprattutto è importante farla sennò come facciamo a dirlo agli altri?
  • inquinamento, chi ti annusa fai ammalare
  • una specie di indovinello: sinonimo di raccolta differenziata? 
  • Paradiso. Un sinonimo di inferno? È tanto facile, inquinamento.
  • finiamola di inquinare, cominciamo gli adulti a riciclare
  • la raccolta differenziata è un piccolo gesto che può salvare il 
  • mondo
  • la raccolta differenziata è solo un guadagno per l’umanità
  • differenzia la spazzatura e il mondo migliorerà
  • a noi bambini lasciate un mondo pulito, riciclate
  • io non rifiuto, io riciclo
  • se fai la raccolta differenziata migliori l’ambiente, respiri aria pulita e non occupi lo spazio sotterraneo
  • secco, umido, vetro, tirarsi indietro
  • se la città è più pulita, è più bella la tua vita
  • bisogna fare la raccolta differenziata per avere la natura incontaminata
  • perché mettere i rifiuti in mezzo agli alberi? Perché rovinare la 
  • natura?”
Non hanno bisogno di commento queste frasi, solo vorrei chiedere di evitare la riproduzione almeno delle parole dei bambini: ho avuto il permesso di condividerle, ma non è bello usare come propria un'affermazione altrui. Grazie






domenica 25 novembre 2012

siamo nati per camminare


Il bambino è un sensibile indicatore ambientale: dove vive meglio e trova risposte alle proprie esigenze, vivono meglio anche gli adulti, che hanno smesso di inseguire i desideri perché imprigionati nel loro ruolo da grandi. Egli, quindi, funge da misuratore della qualità della vita in città ed incarna, non solo i bisogni di tutti i cittadini, ma anche quelli della città, considerata come grande ecosistema oggi gravemente malato. Solo quando il bambino si sentirà a proprio agio vorrà dire che la città avrà ritrovato la sua funzione naturale quale luogo di incontro e di esperienze condivise.
In molte città italiane viene dato spazio alla voce dei piccoli sotto forma di consultazione e partecipazione ai Consigli comunali. Ebbene, le istanze portate all'attenzione dei consiglieri adulti riguardano quella che oggi può dirsi un'urgenza della società: il delicato equilibrio che ha ormai raggiunto il binomio uomo-ambiente.
Nelle città, alcuni elementi più di altri hanno ricadute negative sulla mobilità dei bambini i quali chiedono una migliore pulizia, minore occupazione di suolo pubblico, maggiore tutela della salute, rivendicano il diritto di vivere in una città che sia bella, con strade che valga la pena di percorrere a piedi.
Nascono così molteplici iniziative volte alla riconquista delle città. Un esempio di attività o proposta educativa che dir si voglia, è far percorrere ai bambini il tragitto che collega la propria casa con la Scuola semplicemente camminando. 
Percorrere quotidianamente la stessa strada a piedi permette ai bambini di costruire legami importanti con l’ambiente, di osservare come l’avvicendarsi delle stagioni comporti dei mutamenti nelle abitudini degli abitanti della città, identificabili nella maggiore o minore presenza sulle strade, cambiamenti di orario e modificazione dei comportamenti. Si possono utilizzare mezzi di trasporto non inquinanti come la bicicletta e lo skateboard, oppure si può usufruire dei mezzi pubblici che comunque percorrono le strade cittadine. 
Il tutto allo scopo di ridurre le emissioni delle automobili e la loro circolazione che sempre più congestiona il traffico nei pressi delle Scuole creando un paradosso, quello del genitore che fa respirare al proprio figlio lo smog emesso dalla propria auto.
A Milano, per esempio, è stata promossa un'iniziativa dall'associazione Genitori Antismog, per promuovere l'uso dei mezzi diversi dall'auto nel percorso casa-scuola.(/http://www.genitoriantismog.it/)
E' importante anche il solo parlarne, in quanto c'è bisogno di creare una cultura che parta dal basso ed entri nella quotidianità delle famiglie. Solo in questo modo si può sperare di aver delle città diverse, fruibili a tutti, respirabili da tutti.




giovedì 1 novembre 2012

per non calpestarli...

"L'ombra della zampa dell'elefante. 
Salvare i servizi per salvare i diritti"


Ritorno sulla questione scarsità di risorse destinate ai servizi e salvaguardia dei diritti. Questa volta voglio farlo attraverso le parole di Maura Forni* in un articolo che a breve verrà pubblicato sulla rivista “Animazione sociale”.
……….L’immagine della zampa di elefante me l’ha suggerita un collega che ha detto “noi siamo qui a guardare in terra per contare le formiche e intanto arriva l’elefante che ci calpesta”. Oggi, l’importante non è guardare la formica, ma tenere lo sguardo alto. La zampa dell’elefante è molto vicina, tra patti di stabilità e impossibilità di assunzioni nel pubblico. Vedo il rischio molto forte che qualcuno si alzi e dica: “A cosa servono i servizi sociali ? A spendere soldi”. E noi rischiamo di esserne travolti se non riusciamo ad argomentare perché ha senso tutelare i diritti dei minori. Se non facciamo valutazioni sugli effetti dei nostri servizi – ma valutazioni condivise perché, molte volte, ogni professionista valuta cose diverse con schemi diversi.
Il problema oggi non è salvare i servizi così come li abbiamo fin qui costruiti, ma salvare ciò che con i servizi si intendeva tutelare: la crescita e l’educazione dei bambini. Di tutti i bambini, soprattutto di quelli che hanno una vita talmente svantaggiata che ne portano i segni e le ferite. Si tratta di fare invenzioni sociali, valorizzando i semi di quelle esperienze che funzionano perché mobilitano le reti del “villaggio”. Oggi ci sentiamo depressi e questa impotenza frena la nostra capacità ideativa. Ma credo che come esiste una resistenza individuale possa esistere una resistenza comunitaria, cioè una capacità dei nostri contesti sociali di reagire alla crisi e costruire una visione del futuro. Allora dobbiamo lavorare dentro la comunità, con la comunità. Dobbiamo cercare i semi di quello che stiamo facendo. Dobbiamo studiare l’efficacia delle nostre pratiche. Ci sono situazioni che vediamo risolversi: cosa ha funzionato in quei casi? Dobbiamo capirlo. Dobbiamo mettere a punto strumenti prognostici, che siano capaci di individuare che cosa produce danni nei percorsi di crescita. Di fronte a un ragazzino che sta male, dobbiamo capire cosa si sarebbe potuto fare prima. E dobbiamo dirlo agli amministratori quali sono i danni sociali in prospettiva di certe scelte. Non possiamo pensare di mettere noi operatori “la pezza” a tutto. L’ombra dell’elefante cominciano ormai a vederla tutti. E allora, l’intelligenza si muove. Parlavo l’altro giorno con un responsabile del servizio di neuropsichiatria infantile, oggi in pensione, e mi diceva - “dobbiamo riconoscere che i cambiamenti più grossi anche la psichiatria li ha fatti in situazioni di emergenza. Quando c’era la guerra ci dicevano : “ questo rimettilo a posto in fretta perché devi mandarlo al fronte”. Allora può essere che siamo fatti così: che un po’ tendiamo ad accomodarci, ma quando si profila l’ombra dell’elefante mobilitiamo risorse impensate. Se sarà così, come mi auguro, questo sarà il volto buono della crisi.
*Maura Forni è responsabile del Servizio coordinamento politiche sociali e socio educative; programmazione e sviluppo del sistema dei servizi dell’Assessorato alle Politiche sociali - Regione Emilia-Romagna

Teresa Marzocchi
Assessore alle politiche sociali

domenica 21 ottobre 2012


Educazione e cura della prima infanzia: il migliore inizio per il mondo di domani. 

European Commission, Brussels 17.2.2011


Il futuro dell'Europa sarà basato su una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. 
Migliorare la qualità e l'efficacia dei sistemi educativi in tutta l'UE è quindi necessario.
In questo contesto, la cura della prima infanzia costituisce la base per tutto l'apprendimento successivo, l'integrazione sociale, lo sviluppo personale e, più tardi, l’occupabilità e l’educazione permanente. 
L’esporre i bambini, durante i primi anni di vita, ad esperienze educative libere e strutturate, comporta una comprovata diminuzione del rischio di dispersione scolastica, l'aumento del patrimonio netto di risultati scolastici e la riduzione di costi per la società in termini di talento perduto e della spesa pubblica sul sociale, la salute e anche nei sistemi di giustizia.
Occorre quindi rendere partecipi le persone sin da piccole del proprio percorso di crescita, avviandole lungo il cammino dell'autorealizzazione e dell'empowerment che consolidano gli apprendimenti già in età evolutiva e stimolano positivamente l'attivazione di percorsi partecipativi e cooperativi in ogni ambito della vita individuale e sociale.
Vanno rivisti i sistemi educativi, che siano attenti ai processi e non ai prodotti, ai percorsi e non ai risultati. Vanno riviste le posizioni delle agenzie formative che dovrebbero camminare al fianco delle famiglie, delle comunità, delle istituzioni. Ma anche ognuno di noi deve rivedere le proprie posizioni di pensiero e di azione.
Solo in un simile clima di concertazione che abbia come centro del pensiero l'educazione e la cura del bambino, l'Europa potrà mirare ad una crescita intelligente, sostenibile, inclusiva.




fonte:

http://www.bottegadigeppetto.it/public/documenti/doc06.pdf 

lunedì 1 ottobre 2012

la partecipazione dei bambini 0-3 alla vita cittadina



Se la vita dei bambini che frequentano l'Asilo Nido viene considerata come un'estensione della vita in casa, è necessario che essa la rispecchi soprattutto quando si tratta di fare delle passeggiate all'aperto, fare acquisti per le necessità di vita quotidiana, visitare luoghi di maggiore interesse compresi nella zona, vedere i luoghi di lavoro degli adulti.
Sarà piacevole avvalersi della collaborazione di alcuni genitori, nonni o altre persone, allo scopo di fornire ai bimbi così piccoli la possibilità di vivere un'esperienza che altrimenti non potrebbero avere. 
Tali esperienze offrono infinite occasioni per sviluppare l'uso del linguaggio, ascoltare e memorizzare nuove parole, espressioni particolari legate ai diversi contesti. Sono occasioni particolari per conoscere nuove persone e da loro essere riconosciuti, per sentirsi partecipi della vita del quartiere e osservare i cambiamenti con il passare del tempo e delle stagioni. 
Passeggiando per le vie della città, i piccoli possono acquisire regole di comportamento in qualità di cittadini, formarsi dei punti  di riferimento visivi, uditivi, olfattivi: saper riconosce ed aspettare l'arrivo del colore verde che illumina il semaforo dei pedoni e poi attraversare, riconoscere la sirena di un ambulanza che transita, annusare i fiori lungo un viale alberato, ecc.
Per gli abitanti della città, vedere i piccoli uscire, è un modo per comprendere le varie attività educative loro proposte, per vedere dal vivo la curiosità, la competenza, la serietà che i bambini mostrano quando vanno alla scoperta di un nuovo mondo.

liberamente tratto da "Il bambino nell'Asilo Nido. Guida per le educatrici e i genitori" di Elinor Goldschmied